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Effetto Serra - Giorgio Nebbia -

Esiste un dogma secondo cui la crescita economica, la ricchezza di ciascun paese, dipende dalla quantità di energia che si usa: più energia si usa, più macchine e merci stanno in moto, più persone lavorano e possono acquistare macchine e merci, in una inarrestabile spirale.
Circa l'ottanta per cento dell'energia usata nel mondo viene dalla combustione di carbone, petrolio e GAS NATURALE, i quali liberano calore immettendo nell'atmosfera ANIDRIDE CARBONICA: circa tre tonnellate, in media, di questo gas per ogni tonnellata di combustibile.
Più aumenta la concentrazione dell'ANIDRIDE CARBONICA nell'atmosfera, più aumenta la quantità di calore solare trattenuto sulla superficie della Terra, "intrappolato" come in una serra il cui tetto, anziché essere di vetro, è rappresentato dall'atmosfera stessa.
Questo "EFFETTO SERRA" provoca profondi mutamenti nel clima planetario.
Siamo di fronte non più alle bizzarrie climatiche occasionali osservate anche nei secoli passati, ma ad una continua serie di "disturbi" rappresentati in alcuni paesi da piogge alluvionali o aumento del livello dei mari, in altri da siccità e avanzata dei deserti.
"Disturbi" che si traducono in enormi costi monetari per le singole persone e per i vari stati: ogni anno migliaia di miliardi di euro.
Da alcuni anni a questa parte molti paesi sono spaventati, consci che occorre far aumentare di meno le immissioni di ANIDRIDE CARBONICA nell'atmosfera (ne parlano in questi giorni i governanti nella Conferenza dell'Aja sui mutamenti climatici).
Ma chi comincia a limitare i consumi energetici?
Non i paesi ricchi, che "non possono", per il dogma ricordato all'inizio, rallentare la crescita economica; non i paesi poveri, che "vogliono" (e ne hanno anche diritto) disporre di un po' più di energia per liberarsi dalla fame, dalla povertà, dalle epidemie, dalla sete, dall'ignoranza, per avere anche loro un po' di macchine, cemento, frigoriferi.
Si può uscire da questa contraddizione --- maggiore "crescita" economica uguale maggiori costi da pagare per i mutamenti climatici --- soltanto se i paesi industriali accetteranno di rivedere drasticamente i modi di uso e di spreco dell'energia.
E' possibile avere le strade illuminate, muoversi nelle città e fra paesi, possedere alimenti, tessuti, giocattoli, costruire edifici, utilizzare Internet --- con "minori" consumi di energia e soprattutto con minore consumo di carbone, petrolio, METANO, i combustibili fossili responsabili dei mutamenti climatici?
La risposta è "si": con innovazioni tecnico-scientifiche, con  nuove produzioni, con nuovi processi, con l'adozione di macchine e merci e materiali, peraltro già noti; con la razionalizzazione dei trasporti, della vita domestica e urbana.
Penso all'uso come fonti di energia di prodotti e sottoprodotti agricoli, all'uso dell'energia del Sole e del vento per ottenere elettricità o calore; penso alle grandi masse di acqua che scendono verso gli oceani e la cui forza potrebbe essere trasformata in elettricità.
Per inciso questa nuova rivoluzione industriale comporterebbe nuova duratura occupazione nel Nord e nel Sud del mondo.
Una rivoluzione peraltro dolorosa e faticosa, frenata dalla pigrizia individuale, dalla disinformazione anche dei governanti, dai potenti interessi economici --- industria petrolifera, automobilistica, chimica --- i cui profitti sarebbero in parte compromessi se diminuissero i consumi energetici. 
Questi gruppi di potere, attraverso una massiccia propaganda, fanno credere che la diminuzione dei consumi di energia sarebbe una catastrofe economica, fonte di sventure.
Fino ai revisionisti che tentano di approfittare della crisi del clima planetario per una improponibile resurrezione dell'energia nucleare.
E invece, datemi retta: il dogma di cui parlavo all'inizio non sta in piedi.
Usando meno energia, e usandola diversamente, si  può essere più ricchi, tutti, paesi ricchi e paesi poveri, si possono evitare, o almeno diminuire, i costi monetari e umani dei disastri climatici, si può godere di uno sviluppo individuale e collettivo: vero sviluppo, non basato soltanto sulla crescita della massa di oggetti e merci spesso inutili, talvolta ostili.