
Queste piante stanno assumendo una grande importanza nel settore dei combustibili per l’autotrazione perché da esse è possibile ottenere combustibili e carburanti meno inquinanti degli omologhi fossili (gasolio e benzine).
I combustibili vegetali per l’autotrazione sono infatti di due tipi:
- oli vegetali (bioli) estratti da piante oleaginose (colza, girasole, soia palma), ed usati sia allo stato greggio, che trattati chimicamente (esteri metilici o etilici: “BIODIESEL”); la controparte FOSSILE degli oli vegetali è il gasolio.
- alcool etilico (BIOETANOLO), ottenuto da colture zuccherine (canna da zucchero, mais, sorgo zuccherino, frumento), o un suo derivato chimico, l’ETBE (ethyl-tetra-buthyl-ether); la controparte FOSSILE del BIOETANOLO è la benzina e quella dell’ETBE è l’MTBE (dimetiletere) ottenuto dal METANOlo.
Un po’ di storia
Si fa un gran parlare oggi di biocombustibili e in particolare di BIODIESEL per autotrazione o per riscaldamento, e molti credono che sia una novità. In realtà i biocombustibili erano presi in seria considerazione già all’inizio del secolo scorso, magari per soli motivi coloniali ed autarchici.
Nell’ESPOSIZIONE universale di Parigi nel 1900, la ditta Otto presentò, su richiesta del Governo Francese, un piccolo motore in grado di funzionare sia a olio combustibile sia a oli vegetali.
Lo stesso Rudolf Diesel usava oli vegetali per far marciare i suoi motori. Nel 1923 il Parlamento Francese obbligò tutti i produttori di carburanti a miscelare le benzine con il 10-20% di etanolo vegetale.
Durante la seconda guerra mondiale, specialmente in Costa d’Avorio e in Algeria, molti veicoli militari furono fatti marciare con motori alimentati con olio di palma o di nocciole.
Poi è calato il silenzio sui combustibili vegetali e in particolare sul BIODIESEL, perché, nel frattempo, i motori erano stati modificati e non potevano essere più alimentati con oli grezzi.
Questi, infatti, dovevano essere trasformati industrialmente per poterne avvicinare le caratteristiche a quelle del gasolio.
Ai costi agricoli di produzione della materia prima – già di per sé elevati -, si aggiunsero i costi di transesterificazione degli oli grezzi, e questo poneva i combustibili vegetali fuori mercato.
Negli ultimi tempi, invece, c’è stata una ripresa d’interesse sia per il BIODIESEL che per il BIOETANOLO.
Le preoccupanti condizioni ambientali, e il conseguente rischio per la salute dell’uomo, riscontrati in alcuni microambienti, come i centri urbani, hanno rilanciato l’idea di usare, nel settore dei trasporti, come pure nel riscaldamento domestico, combustibili liquidi di origine vegetale in sostituzione di gasolio e benzina sicuramente più inquinanti.
L’INQUINAMENTO dei centri urbani, dei corsi d’acqua e di altri siti caratteristici, dovuto ai mezzi di trasporto sia pubblici che privati, è molto elevato.
Per i centri urbani, ad esempio, l’autotrazione e il riscaldamento domestico impiegano oltre la metà dei prodotti petroliferi importati.
Questi due settori di utenza costituiscono una delle maggiori fonti di INQUINAMENTO.
Gli autoveicoli, ad esempio, sono responsabili per più del 93% delle emissioni di CO, per il 92% di composti organici volatili, per il 66% degli OSSIDI DI AZOTO, per il 56% delle particelle sospese, per il 6,5% degli OSSIDI DI ZOLFO.
Il particolare interesse rivolto alla filiera dei biocombustibili in seno all’UE è dovuto all’emergenza INQUINAMENTO da autotrazione.
I biocombustibili presentano una serie di vantaggi rispetto ai combustibili di origine FOSSILE:
o sono di origine vegetale e contribuiscono con un bilancio sostanzialmente in pareggio alle emissioni di CO2;
o non contengono piombo e zolfo;
o a causa dell’alto tenore di ossigeno, consentono una significativa riduzione delle emissioni di CO e di idrocarburi incombusti;
o non generano emissioni evaporative;
o sono completamente biodegradabili e difficilmente autoinfiammabili e, pertanto, creano minori problemi dal punto di vista del trasporto e dello STOCCAGGIO;
o possiedono buone proprietà chimico-fisiche in termini di POTERE CALORIFICO, potere antidetonante e punto di volatilizzazione.
Oltre che a ridurre al minimo le emissioni di CO2 – essendo buona parte della CO2 emessa durante la combustione riassorbita nella fase di crescita delle piante - i biocombustibili liquidi appaiono infatti validamente in grado di diminuire il livello di INQUINAMENTO causato da autovetture ed altri veicoli alimentati da combustibili fossili.
I combustibili vegetali sono quindi sicuramente meno nocivi per l’ambiente e per la salute dell’uomo di quanto non siano gli equivalenti fossili.