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Forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano in tempi brevi come il sole, il vento, l’acqua, le biomasse, la geotermia e tutte le fonti assimilabili.

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Le fonti energetiche: energia da biomasse - Paola Girdinio -

Le biomasse appartengono anch’esse alla categoria delle cosiddette energie RINNOVABILI; sono costituite da sostanze di origine animale e vegetale che possono essere usate come combustibili per la produzione di energia e cioè legna da ardere, gli scarti vegetali che provengono da aziende agrarie e i rifiuti agricoli, zootecnici e urbani.
Mediante la fermentazione di varietà vegetali ricche di zuccheri, come canna da zucchero, barbabietole e mais si può ricavare etanolo, impiegabile come combustibile nei motori a ciclo Otto in sostituzione della benzina. Inoltre mediante la transesterificazione di varietà vegetali oleaginose si può ricavare BIODIESEL, impiegabile come combustibile nei motori a ciclo Diesel in sostituzione del gasolio.
In alcuni paesi si stanno sperimentando coltivazioni pilotate di vegetali a crescita veloce da utilizzare per produrre energia, ad esempio per alimentare piccole centrali elettriche.

Rimane il fatto che la Terra riceve dal Sole potenza per circa 1.4 kW/m2; ma soltanto circa 1 kW/m2 riesce ad attraversare l’atmosfera: pertanto, se si ha necessità di grandi potenze, occorrono rilevantissime estensioni di territorio da destinare alla coltivazione delle varietà vegetali da impiegare come biomasse.
L’attrattiva economica della coltivazione di specie da destinare alla produzione di energia, quindi, consiste nel fatto che spesso, nei Paesi industrializzati, l’agricoltura è poco remunerativa, e la produzione è eccedentaria.
A questo punto, anziché produrre una merce eccedentaria, venduta a un prezzo di mercato relativamente basso, in prospettiva può diventare attraente produrre la stessa merce che acquisisce un valore potenzialmente più elevato (perché il prezzo del petrolio è elevato), e contribuisce alla riduzione della DIPENDENZA ENERGETICA europea.

Ovviamente si tratta di una decisione strategica relativa alla politica energetica ed agricola UE, dal momento che per sostituire il 5% del combustibile consumato in Italia si tratta di destinare alla coltivazione di vegetali adatti alcuni milioni di ettari di terreno.

Dal punto di vista dello smaltimento dei rifiuti, invece, sono molto interessanti sia le tecniche che permettono la combustione di scarti industriali (es. segatura e trucioli prodotti nei distretti della lavorazione del legno, bruciati per produrre calore per riscaldamento, acqua calda sanitaria, ed eventualmente energia).
Se l’impianto è ragionevolmente vicino alle utenze permettono di eliminare il trasporto dei rifiuti (che vengono smaltiti in sito), e trasformare un costo in una risorsa, anche se la redditività assoluta di per sé sarebbe bassa.

Da evitare, chiaramente, l’incentivazione indiscriminata, che causerebbe la proliferazione di impianti in siti che nulla hanno a che vedere con la produzione del rifiuto, e comporterebbero tutti gli impatti ambientali relativi al trasporto del combustibile, a fronte di una produzione minima. In pratica una centrale alimentata a legna, magari proveniente da qualche foresta dell’Europa centrale che non sarà mai rimboschita, e svincolata da qualsiasi realtà di lavorazione del legno dovrebbe essere disincentivata.

Tutt’altro discorso per i R.S.U. (RIFIUTI SOLIDI URBANI).
Data la produzione assai rilevante di immondizia da parte delle città, e la necessità di evitare il conferimento in discarica, l’unica possibilità seria di gestione della problematica è considerare il rifiuto urbano una BIOMASSA da bruciare in un opportuno inceneritore (che attualmente prende il nome ingannevole di termovalorizzatore).
In pratica si tratta di un inceneritore che brucia il rifiuto in modo assolutamente controllato, ad alta temperatura, per evitare la formazione di composti tossici come le diossine.
A tale scopo la combustione non avviene spontaneamente per effetto del POTERE CALORIFICO del rifiuto urbano, che è quantomai variabile ed aleatorio, ma viene bruciato anche un COMBUSTIBILE FOSSILE tradizionale (tipicamente METANO).

Con il calore ottenuto viene prodotta acqua calda per TELERISCALDAMENTO ed energia elettrica.
Anche in questo caso la resa non è tanto nella produzione di energia in sé, quanto nella notevolissima diminuzione dei costi dello smaltimento del R.S.U. eseguito con altre tecniche, nella riduzione dell’impatto ambientale di dozzine di camion che trasportano rifiuti da un angolo all’altro del Paese (se non all’Estero), nell’eliminazione dell’impatto delle discariche, con tutto il loro contorno di cattivi odori, percolati tossici che inquinano pozzi e falde acquifere, uccelli e animali selvatici richiamati da  ogni dove a rovistare nell’immondizia.