
L’idrogeno, l’elemento più leggero e abbondante dell’universo, è assai raro sulla Terra allo stato elementare a causa della sua estrema volatilità – si trova, ad esempio, nelle emanazioni vulcaniche, nelle sorgenti petrolifere, nelle fumarole – ma viceversa è molto diffuso sotto forma di composti (acqua, idrocarburi, sostanze minerali, organismi animali e vegetali) e può quindi essere prodotto a partire da diverse fonti.
L’interesse per il suo impiego come combustibile, sia per applicazioni stazionarie che per la trazione, deriva dal fatto che l’INQUINAMENTO prodotto è quasi nullo; infatti, come già accennato, se usato in sistemi a combustione produce vapor d’acqua e tracce di OSSIDI DI AZOTO, oppure solo vapor d’acqua se utilizzato con sistemi elettrochimici con celle a combustibile.
Rispetto agli altri combustibili, l’idrogeno è un gas incolore, inodore, non velenoso, estremamente volatile e leggero: presenta quindi un ridotto contenuto energetico per unità di volume, mentre ha il più alto contenuto di energia per unità di massa.
Per fare un confronto con un altro combustibile, ad esempio il gasolio, possiamo dire che un litro di gasolio, come contenuto energetico, equivale a:
• 3,12 m3 di IDROGENO gassoso (in condizioni normali);
• 4,13 litri di IDROGENO liquido
dove però la combustione dell’idrogeno può essere realizzata con un’efficienza più alta.
A fronte di queste qualità energetiche e soprattutto ambientali, tuttavia l’introduzione dell’idrogeno come combustibile - e più in generale come vettore energetico - richiede che siano messe a punto le tecnologie necessarie per agevolare la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo.
A titolo di esempio, solo per la liquefazione a -253 °C occorrono particolari tecnologie oltre che la predisposizione di speciali container per il trasporto.
Per quanto riguarda la produzione, ricordiamo che le fonti primarie di partenza possono essere sia fossili che RINNOVABILI in modo da contribuire alla diversificazione ed all’integrazione tra i diversi tipi di energia.
Nella figura che segue sono schematizzati alcuni metodi di produzione dell'idrogeno.
PRODUZIONE DA FONTI FOSSILI
Le tecnologie di produzione dell’idrogeno a partire dai combustibili fossili sono mature e ampiamente utilizzate, anche se vanno ottimizzate da un punto di vista economico, energetico e di impatto ambientale.
Dei circa 500 miliardi di Nm3 di IDROGENO prodotti annualmente a livello mondiale, circa 190 miliardi rappresentano un sottoprodotto dell’industria chimica (ad es. dagli impianti cloro-soda), mentre la maggior frazione deriva da combustibili fossili, GAS NATURALE ed olio pesante, attraverso processi di reforming e di ossidazione parziale.
Tali processi prevedono la produzione del gas attraverso successivi stadi di raffinazione e di frazionamento delle molecole degli idrocarburi fino alla completa eliminazione del CARBONIO.
Con questa linea oggi viene prodotta una grandissima quantità di idrogeno, tutta quella consumata sul mercato della chimica dei fertilizzanti di sintesi e nella metallurgia dell’acciaio.
Il processo più diffuso, “steam reforming”, reazione a caldo del METANO con vapore a 800 °C in modo da ossidare il CARBONIO e liberare IDROGENO dalla MOLECOLA con emissione di ANIDRIDE CARBONICA secondo la reazione
CH4 + 2H2O + calore = 4H2 + CO2
è tecnicamente molto ben sperimentato e viene realizzato industrialmente con reattori di grosse capacità dell’ordine, di 100.000 Nm3/h.
Unità molto più piccole, realizzate specificamente per l’uso sui veicoli o per impianti di generazione distribuita di piccola taglia, sono attualmente in via di sviluppo soprattutto per l’utilizzo in sistemi con celle a combustibile.
La produzione da fonti fossili, però, ha l’inconveniente di dar luogo - come prodotto di scarto - alla emissione di grandi quantità di CO2, cosicché l’idrogeno - pur utilizzabile in modo pulito - non è comunque incolpevole a causa dell’INQUINAMENTO prodotto nel ciclo di lavorazione.
Per ovviare a ciò occorrerebbe raccogliere e confinare(1) la CO2 prodotta nei grossi impianti, sfruttando l’esperienza in materia delle compagnie petrolifere.
Per queste si può anche ipotizzare una parziale riconversione che consenta di produrre IDROGENO dagli idrocarburi, IDROGENO che verrebbe poi utilizzato negli autoveicoli (conservando ovviamente il profitto per le compagnie).
Dal punto di vista ambientale, questa soluzione ha il vantaggio di evitare le emissioni di CO2 di una miriade di veicoli sparsi sul territorio, concentrandole negli impianti petrolchimici da dove però potrebbero essere catturate con opportuni filtri, trasformate in forma liquida o solida e poi immagazzinate in giacimenti geologici profondi e di caratteristiche adeguate che ne dovrebbero impedire la reimmissione in atmosfera. Nel nostro Paese, come in altri, le opzioni principali sono due:
• pompaggio nei giacimenti esauriti di gas e petrolio;
• immissione nei cosiddetti acquiferi salini(2), formazioni stabili sotterranee non altrimenti utilizzabili,
e in fondali oceanici situati a grande profondità (oltre 1.000 m sotto il livello del mare) dove la CO2 si manterrebbe allo stato liquido indefinitamente a causa dell’enorme pressione ivi esistente.
Dal punto di vista tecnico, queste proposte - il cui sviluppo già costituisce di per sé un programma di ampie dimensioni - sono già oggi realizzabili con qualche aggiustamento e modifica di tecnologie esistenti in modo da consentire uno sviluppo graduale delle infrastrutture del settore energetico e quindi una riduzione degli inquinanti nel breve-medio termine.
È tuttavia da tener presente che la produzione di IDROGENO da combustibili fossili deve essere considerata come una sorta di “ponte tecnologico” verso la produzione da fonti RINNOVABILI - soluzione più promettente nel lungo termine - in quanto lascerebbe irrisolti in particolare i problemi economici a causa dell’inevitabile progressivo esaurimento delle RISERVE di combustibili fossili e del costo aggiuntivo del confinamento della CO2.
(1) Immagazzinare in giacimenti geologici per impedire la reimmissione in atmosfera.
(2) Ammassi di rocce sedimentarie porose permeabili e saturate di acqua.
PRODUZIONE DA FONTI RINNOVABILI
Per quanto riguarda la produzione di IDROGENO da fonti RINNOVABILI - modo sostanzialmente pulito e per questo ben più interessante - i processi possono essere sommariamente distinti in:
• produzione da biomasse;
• produzione dall’acqua.
Nella produzione di IDROGENO a partire da biomasse nessuno dei processi proposti ha ancora raggiunto la maturità industriale. Le diverse alternative (gassificazione; PIROLISI e successivo reforming della frazione liquida prodotta; produzione di etanolo e reforming dello stesso; produzione biologica attraverso processi basati su fenomeni di FOTOSINTESI o di fermentazione) richiedono tutte un impegno notevole di ricerca, sviluppo e dimostrazione, anche se a livelli diversi.
Le premesse sono comunque buone, tenuto anche conto dei diversi materiali utilizzabili.
L’idrogeno può anche essere prodotto dall’acqua scindendo la stessa nei suoi componenti (idrogenoe ossigeno) attraverso diversi processi, tra i quali quello più consolidato è l’elettrolisi.
Schematicamente questa è rappresentata dalla seguente reazione: acqua più energia elettrica uguale IDROGENO più ossigeno:
H2O + elettricità = H2 + 1/2 O2
Si può notare subito che la reazione di elettrolisi risulta esattamente inversa a quella che avvienenelle celle a combustibile.
Pertanto, l’intero processo di produzione e consumo è ambientalmente sostenibile purché sia disponibile una corrispondente quantità di energia elettrica pulita in grado di alimentare il processo di elettrolisi.
È immediato pensare al sole come sorgente di questa energia, sfruttabile attraverso l’utilizzo di impianti di conversione fotovoltaica, la cui tecnologia già oggi può essere considerata tecnicamente affidabile e adeguata, anche se non ancora competitiva.
Infatti, mediante l’uso di energia solare fotovoltaica si può produrre IDROGENO elettrolitico e ossigeno che poi possono essere fatti ricombinare nelle celle a combustibile per produrre l’energia
elettrica di cui abbiamo bisogno.
Come prodotto finale di scarto si genera una quantità di acqua pura pressappoco uguale a quella di partenza, chiudendo in tal modo il ciclo senza emissioni inquinanti.
Infine, è evidente che le grandi distese oceaniche altro non sono che enormi RISERVE di idrogeno: ogni kg di acqua pura contiene 111 g di IDROGENO che, una volta bruciato, potrebbe produrre 3.200 chilocalorie di energia termica.
Pertanto dall’acqua, in linea di principio, sarebbe possibile estrarre tutto l’idrogeno necessario a soddisfare in modo pulito le esigenze energetiche dell’umanità.
Il problema attualmente è il costo.
Con l’elettrolisi dell’acqua, infatti, è vero che si può ottenere IDROGENO praticamente puro, ma solo a un prezzo che può diventare economicamente accettabile
in una prospettiva ancora lontana, allorquando le innovazioni tecnologiche potrebbero consentire un costo estremamente basso dell’energia elettrica, prodotta da fonti RINNOVABILI (o da nucleare).
Pertanto tale scelta non appare, allo stato attuale delle conoscenze, economicamente ed energeticamente perseguibile, se non per applicazioni particolari (ad esempio aree remote).
La dissociazione dell’acqua può essere effettuata anche facendo uso di processi termochimici che utilizzano calore ad alta temperatura (800-1000 °C) ottenuto da fonti diverse (prima fra tutte
l’energia solare termica); sono in corso, anche in Italia, attività di ricerca e sviluppo tese a dimostrare la fattibilità industriale di tali processi ed il POTENZIALE nel lungo termine sembra essere molto interessante.
Altri processi, ancora allo stato di laboratorio, sono la fotoconversione che scinde l’acqua usando organismi biologici o materiali sintetici, e i processi fotoelettrochimici, che usano per lo stesso scopo una CORRENTE elettrica generata da semiconduttori.