Le esportazioni di idrocarburi dalla Russia verso l’Europa occidentale sono salite anche nel 2007 ma è in calo l’export russo verso gli ex paesi del Comecon e quelle repubbliche che dopo il 1991 si sono staccate dalla vecchia URSS: in particolare verso le tre repubbliche baltiche, il Belarus e l’Ucraina.
Il contenzioso con i paesi di transito rimane alto creando non pochi timori e frizioni con gli importatori europei di GAS NATURALE e petrolio che temono l’eccessiva dipendenza delle forniture russe.
Nel 2007, circa 221 milioni di tonnellate di greggio destinato all’export sono transitate attraverso il sistema di oleodotti della Transneft; di queste circa 30 milioni di tonnellate sono passate attraverso il terminale di Primosk, presso San Pietroburgo , completato all’inizio del 2001.
Stanno calando le esportazioni di greggio via l’oleodotto Druzhba che collega la Russia attraverso l’Ucraina con l’Europa Centrale (Austria, Repubblica Ceca ,Slovacchia Germania ed Italia.
La Russia è un grande esportatore di GAS NATURALE: circa 151 miliardi di metri cubi nel 2006, i principoli acquirenti. Germania, Italia e Turchia con complessivi 70 miliardi di metri cubi.
Gran parte delle esportazioni di gas diretta verso l’Europa Occidentale e Centrale transita attraverso l’Ucraina, la Polonia e le repubbliche baltiche, paesi con cui i rapporti sono tesi.
Secondo i vari governi della regione i russi mirerebbero a tenerli sotto controllo e minaccerebbero le loro prospettive di sviluppo utilizzando in maniera ricattatoria le forniture di materie prime i cui prezzi, una volta sovvenzionati sono ormai più o meno in linea con quelli occidentali e userebbero il loro peso politico ed economico per impedire ad altri potenziali fornitori nell’area del Mar Caspio di accedere ai mercati in Europa orientale e Centrale.
Per i russi sono i paesi di transito, i cosiddetti “Near Abroad Countries”, secondo la vecchia terminologia, che non solo non vogliono ma probabilmente non possono pagare i prezzi occidentali, ma impongono tuttavia pedaggi di transito considerati a di poco eccessivi da Mosca.
Da qui la spinta russa per cercare via alternative per il trasporto degli idrocarburi diretti ai ricchi mercati occidentali..
Secondo i russi la fine del sistema comunista implica che anche i paesi dell’ex Comecon sarebbero tenuti a pagare gli stessi prezzi degli altri e anche a rimborsare i debiti commerciali contratti con la Russia.. In poche parole questo è il nocciolo delle attuali difficoltà con l’Ucraina, la Polonia e le tre repubbliche baltiche.
A partire dal 1995, la Transneft ha iniziato a studiare possibili vie alternative senza perdere la posizione di quasi monopolio sui trasporti di greggio ed ha infine realizzato i primi progetti per affrancarsi dai condizionamenti degli ex satelliti.
Ha accettato di entrare in joint venture con un sindacato occidentale per la costruzione di un oleodotto che collega il Kazakhistan con Novorossirsk sul Mar Nero, ed ha realizzato una nuovo tubo che collega i giacimenti del nord con San Pietroburgo costruendo anche un importante terminal petrolifero a Primosk. sul Baltico.
E’ ora in costruzione un altro oleodotto che collegherà il sistema dei trasporti che dalla Siberia Centrale a dal Mar Caspio arriva verso l’Europa,tagliando fuori completamente i tradizionali paesi di transito quali Lituania, Lettonia e Polonia. Il nuovo oleodotto, lungo all’incirca 1200, costerà circa 2 miliardi di dollari e potrebbe essere completato nei prossimi due anni.
Sarà inoltre realizzato un oleodotto che dalla Bulgaria porterà il petrolio del Caspio sino al Mediterraneo.
In questo caso ad esser tegliati8 fuori sarebbero l’Ucraina e lòa Romania, due paesi che si sono proposti per la realizzazione di sistemi per trasporto delle future produzioni dell’Asia Centrale.
Lo stesso avviene per quanto concerne il GAS NATURALE; i russi mirano ad un accesso diretto verso i mercati europei via il Mar Baltico e la Turchia: da qui i progetti del gasdotto Trans Baltico a cui sono associati tedeschi, francesi ed olandesi e del Blue Stream tra la costa russa del Mar Nero e la Turchiacon la partecipazione dell’ENI.
Sotto la presidenza Putin la corsa russa verso il mare aperto ha iniziato a prendere forma definitiva, ma in realtà è in linea con le sia pur vaghe strategie impostate sotto Eltsin negli anni novanta.nel periodo di massima debolezza del paese.
Sotto Putin si è meglio definita la strategia abbastanza dirigista che il governo intende perseguire: Nelle tradizionali aree di produzione del centro del paese, sino agli Urali , la produzione di idrocarburi dovrà rimanere sotto il controllo di imprese russe: agli stranieri è consentita solo una partecipazione minoritaria.
Vere joint ventures tra società russe ed operatori stranieri. saranno consentite solo nell’Artico e nella Siberia Orientale, aree tecnicamente difficili e ad alto costo, dove gli stranieri potranno sì partecipare, ma dovranno comunque lasciare quasi sempre il ruolo di operatore a società russe.
Appare tramontata l’ipotesi di una apertura a capitali stranieri nella Transneft ventilata per la prima volta nel 1998.
Lo stesso vale per la privatizzazione dell’industria petrolifera che scandalosamente avviata nella prima metà degli anni novanta facilitata dalla enorme crisi fiscale della Russia, è stata ormai abbandonata.
Alcuni dei principali beneficiari del processo di apertura sono ormai sotto il controllo diretto indiretto dello stato ed i vari attori, csì forti appena qualche anno fa, quali Berezhovsky, Abramovitch, Khodorkovsky ed altri sono o in esilio volontario all’estero o in carcere.Gli altri hanno accettato fin dall’inizio di collaborare con ul governo e rimangono ai loro posti com’è accaduto con la LUKoil o la Surgutgazneft.
Per quanto concerne lo sviluppo delle risorse dall’Asia Centrale, Mosca ha chiesto ed ottenuto una partecipazione per società russe in tutti i progetti e la possibilità che almeno un terzo delle future produzioni di idrocarburi passi attraverso il sistema Transneft o i gasdotti della Gaazprom.
Il comportamento della Russia non si differenzia da quello di altri paesi grandi produttori di materie prime ed idrocarburi in particolare.
E’ probabilmente in atto un cambiamento strutturale dei termini di scambio tra aree economiche ( cioè i paesi utilizzatori e quelli produttori di materie prime) forse meno violento di quello verificatosi tra il 1971-75 ma molto probabilmente più duraturo.
Questa evoluzione che favorisce nella fase attuale del ciclo i paesi produttori di materie prime ha modificato la posizione della Russia grande produttore di idrocarburi ma anche di minerali, nickel, rame,oro, diamanti ecc. nell’economia mondiale dandole una fortissima posizione contrattuale.
Ciò è simbolicamente se si vuole dimostrato dalla posizione valutaria della Russia.
Nel 2003 le RISERVE russe ammontavano a 48 miliardi di dollari ed il debito estero a d oltre 150 miliardi.
Nel 2007 le RISERVE sono salite a 457 miliardi ( 545 miliardi stimati per marzo 2008) ed il debito estero è stato completamente cancellato.
La Russia è oggi un creditore netto verso il resto del mondo.
Questo spiega, almeno in parte, la spinta, a volte anche aggressiva, per la salvaguardi degli interessi reali o percepiti della Russia nei confronti degli stranieri.
Una linea questa che gode di un forte appoggio popolare nel paese dopo il periodo di umiliazione e crisi degli anni novanta.