“Il futuro dell’auto in Europa sarà ecologico, o non ci sarà futuro. È necessario riorientare il settore in questo senso”.
Il programma è chiaro, che per realizzarlo serva un intervento pubblico in grado di “riorientare” le scelte dei consumatori (e quindi le produzioni) è altrettanto evidente.
Le parole sono del commissario europeo alle Imprese, Guenter Verheugen. Mentre il governo italiano varava il decreto per rinnovare la pratica delle rottamazioni auto (tentando così di risollevare il settore più duramente colpito dalla crisi, con un calo di produzione del 37% nell’ultimo periodo) e degli incentivi per l’acquisto di veicoli ecocompatibili (sono previsti bonus per chi compra auto a GPL o METANO, oltre all’unatantum per chi rottama un’auto Euro 0, 1 o 2, purché immatricolata entro il 31 dicembre 1999), il vicepremier ceco Alexandr Vondra chiedeva l’adozione di “un piano coordinato a livello europeo” per garantire la ripresa dei consumi e il ricambio generazionale del parco auto continentale.
In verità, il parco circolante italiano e quello europeo non sono affatto vetusti e l’auspicio dei vertici europei, quello di avere a breve un’invasione di auto “verdi” in tutto il Vecchio continente, pare a molti un bisogno indotto.
A indurlo sarebbe la necessità, in tempi di crisi, di far risorgere a ogni costo un settore, quello automobilistico, che mostrava segni di stanchezza ben prima dell’inizio della crisi finanziaria mondiale. Per ottenere il risultato, e ammantarlo di buoni propositi, prima l’Amministrazione Obama in America e poi i governanti d’Europa si sono richiamati – tutti insieme, tutti all’improvviso – alla necessità di viaggiare su automobili “ecologiche”.
Che questi veicoli possano essere meno inquinanti è fuor di dubbio, che imbandirne la produzione di massa quando le tecnologie necessarie per realizzarle sono più costose di quelle utilizzate per costruire i vecchi motori a scoppio (e mentre il prezzo del petrolio è eccezionalmente basso) è meno facile da giustificare.
Nondimeno, sia negli Stati Uniti sia in Europa i governi hanno rotto gli indugi e hanno stabilito che per tornare a contare biglietti verdi come un tempo c’è bisogno delle auto verdi.
L’Italia è arrivata ultima, nella corsa alla vettura ecofriendly. Con il decreto rottamazioni, il Consiglio dei ministri ha stanziato circa 2 miliardi di euro (in parte destinati anche alle rottamazioni degli elettrodomestici, da sostituire con nuovi a parecchi a basso consumo di energia).
È previsto un bonus da 1.500 euro per chi manda in pensione un’automobile inquinante e ne acquista una nuova, senza contare l’ulteriore sconto di 5-600 euro se la nuova vettura monta un motore alimentato con GPL o METANO.
In Francia il governo Fillon, indirizzato dal presidente Nicolas Sarkozy, ha accantonato un fondo tra i 5 e i 6 miliardi di euro per salvare il settore automobilistico d’Oltralpe.
Due le condizioni per gli aiuti (a beneficiarne sono Renault e Peugeot-Citroen): che le case automobilistiche non producano all’estero i loro modelli, e che si privilegi la produzione di auto poco inquinanti.
A dicembre è stato così varato un fondo rottamazioni da 3 miliardi di euro con incentivi al singolo acquirente per mille euro a veicolo.
In Spagna, dove sono stati stanziati 800 milioni di euro, il meccanismo è diverso. Chi rottama un’auto vecchia ottiene uno sconto da 1.200 euro per l’acquisto di un veicolo ecologico, ma può anche ambire a un finanziamento fino a 10 mila euro senza interessi per l’acquisto di un mezzo che non costi più di 30 mila. In Portogallo il bonus rottamazione è invece di mille euro.
L’incentivo più ricco – e non poteva essere diversamente – è quello concesso dal governo di Berlino: 2.500 euro per chi porta allo sfascio l’auto vecchia e ne compra una “verde”, sconto cui si somma l’esenzione dalla tassa di circolazione per due anni e un “premio ambientale”. Costo dell’operazione per l’erario tedesco: 1,5 miliardi di euro.
Un altro miliardo, ma di sterline, l’ha annunciato il ministro britannico per le Attività produttive, Peter Mandelson: i soldi serviranno a sostenere le aziende che convertiranno (almeno in parte) la loro produzione, puntando sulle auto verdi. Di questi tempi, difficilmente qualcuno rifiuterà.
Cospicue anche le risorse messe in campo dalla Svezia: tre miliardi di corone per garantire crediti all’industria automobilistica (Volvo, Saab, Scania i marchi più rappresentativi) e per finanziarie la ricerca per la costruzione di nuovi modelli. Verdi, s’intende.
Tratto da Agi Energia