Se non ora, quando agire e passare dalle parole ai fatti? Ora che la comunità scientifica dice che il tempo è scaduto e il clima diventerà ingovernabile.
Ora che la febbre del pianeta è percepibile da tutta l’opinione pubblica, con il caldo torrido, il diffondersi degli eventi estremi, i ghiacciai che si sciolgono e gli oceani e i mari che si surriscaldano e innalzano.
Ora che l’Europa decide di rompere gli indugi e abbandona l’irresponsabile immobilismo preteso dagli americani decidendo unilateralmente di ridurre, entro il 2020, del 20%, più probabilmente del 30%, i GAS SERRA e di farlo aumentando la dipendenza dalle fonti RINNOVABILI del 20% e accrescendo la propria EFFICIENZA di un altro 20%.
Dopo anni di inutili tentativi di coinvolgere tutti nella lotta all’EFFETTO SERRA forse questo, delle decisioni unilaterali, è il sistema più efficace per trascinare il mondo intero ad agire e non a caso ha già ricreato le condizioni di un tavolo multilaterale al quale si siederanno nel 2009 a Copenaghen anche cinesi indiani e brasiliani.
Perché dunque, in Italia, si perde tempo e anziché produrre buone pratiche si assiste solo a una disputa paralizzante fra ambientalisti e fanatici della crescita, una competizione fra opposti che lascia le cose come stanno, cioè male, visto che dovremmo, entro il 2012, ridurre le emissioni climalteranti del 6,5%, rispetto a quelle del 1990, e invece le stiamo aumentando del 13%?
È possibile agire? Si, dipende solo dalla volontà politica di volerlo fare. Nell’affermarlo non vanno nascoste la complessità e difficoltà delle scelte da compiere: produrre una svolta nelle politiche energetiche e della mobilità di persone e merci, tale da consentire una riduzione delle emissioni di GAS SERRA, come quella chiesta dall’Europa, impone che contemporaneamente si avvii una riconversione dell’apparato produttivo, si investa in ricerca e innovazione, si esca gradualmente da questo modello di consumo dissipativo e senza benessere, più in generale reclama politiche economiche e fiscali in totale discontinuità con quelle finora perseguite.
Ma per fare della lotta al riscaldamento globale la priorità dell’agenda politica, il movimento ambientalista deve cambiare pelle, uscire dagli slogan e dalla politica del no a tutto.
Le emissioni di questo paese sono aumentate, non solo per le resistenze accanite degli interessi colpiti, Enel ed Eni in testa, ma anche perché non abbiamo saputo contrastare la crescita dei consumi energetici, dovuta alla diffusione dei condizionatori, perché in nome dell’ambiente si è impedito il decollo dell’eolico e delle biomasse e infine perché è stato rifiutato il METANO come fonte di transizione, in attesa del 100% rinnovabile.
Insomma non è pensabile di dare forza e credibilità a una svolta nelle politiche energetiche annunciando contemporaneamente le catastrofiche conseguenze della degenerazione climatica e che gran parte delle soluzioni possibili, RINNOVABILI comprese, sono da rifiutare perché produttrici di altrettanti disastri ambientali.
La ricetta per abbassare la febbre alla terra è nota da tempo e si compone di tre ingredienti: intelligenza, RINNOVABILItà e democrazia.
In poche parole è possibile, nei prossimi 13 anni, ridurre le emissioni climalteranti del 1990 del 20% o 30% che sia, modificando radicalmente la struttura dei trasporti di persone e merci, aumentando l’efficienza e gli usi intelligenti dell’energia, procurandosi la maggior parte di quella necessaria dalle fonti RINNOVABILI e infine usando, a certe condizioni, prevalentemente il METANO per coprire ciò che inizialmente le RINNOVABILI non saranno ancora in grado di coprire, escludendo di conseguenza sia l’uso del carbone che del nucleare.
Questo sono le linee guida su cui costruire un’alleanza per il clima e definire un piano energetico per il paese che lo allinei e lo renda protagonista delle scelte europee sul clima e non la palla al piede come è stato fino a ora.
Tratto da Agi Energia