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Le attrezzature portuali dei porti petrolieri italiani - Giuseppe Mureddu -

Per quanto riguarda le attrezzature, sebbene in generale i porti italiani siano più sicuri rispetto alla media mediterranea, non si può dire che siano particolarmente attrezzati contro gli oil spills; e soprattutto la situazione non è uniforme, anche se alcuni porti hanno caratteristiche abbastanza soddisfacenti.

Oltre alle difficoltà ordinarie, la carenza di impianti portuali per la raccolta delle acque di lavaggio e dei residui oleosi sta creando in Italia problemi aggiuntivi in seguito alla nuova normativa nazionale sul conferimento dei residui di carico delle petroliere, in applicazione delle norme europee.

Un Decreto Legislativo entrato in vigore nel 2003 ha infatti dato attuazione della Direttiva 2000/59/CE, in base alla quale tutti i residui di carico e i rifiuti prodotti dalle navi devono essere consegnati agli impianti portuali di raccolta.

Nell'includere tra i residui di carico anche le rimanenze oleose e le acque di lavaggio e di zavorra delle petroliere, il legislatore non ha fatto altro che recepire le regole europee nell'ordinamento italiano; classificandoli però come 'rifiuti' ai sensi del cosiddetto Decreto Ronchi, non ha preso in considerazione eccezioni e regole transitorie, che appaiono necessarie in attesa che le nuove strutture di raccolta siano realizzate, e che nel frattempo consentano di continuare a consegnare, seguendo la pratica corrente, i residui di carico agli impianti di trattamento presenti nelle raffinerie (reception facilities).

Così, mentre le petroliere e le altri navi adibite al trasporto di prodotti petroliferi non possono lasciare il porto senza aver prima conferito i residui di carico a una struttura messa a disposizione dall'autorità competente (portuale o marittima), le stesse autorità hanno difficoltà a segnalare (al comandante della nave) quali impianti adatti sono disponibili.

Se, in seguito alle pressioni degli interessati, si è arrivati faticosamente ad affrontare l'emergenza con un differimento provvisorio dell'entrata in vigore del D. Leg. n. 182, il problema del regime transitorio resta comunque da risolvere. Non è semplicemente in gioco un aumento dei costi.

In attesa che, con tempi necessariamente non brevi, la costruzione, il collaudo e l'autorizzazione di moderni impianti di STOCCAGGIO, smaltimento e riciclaggio abbiano luogo, occorre evitare l'assurdo che una norma volta a ridurre l'INQUINAMENTO rischi di provocare un aumento dei versamenti volontari e comunque delle pratiche illegali (o, in alternativa - come è stato minacciato strumentalmente dall'industria - di bloccare l'attività delle raffinerie).

In una prospettiva a medio termine si sta pensando alla costruzione di 2-3 grandi poli attrezzati allo scopo. Ad ogni modo, oltre alle strutture esistenti nelle raffinerie (che però continuano ad operare transitoriamente in deroga regime previsto dalla L. 182), esiste attualmente una sola struttura di grandi dimensioni (quella di Ravenna), dove le petroliere possono consegnare grandi volumi di acque sporche, mentre un numero limitato di piccoli impianti (a Taranto, Augusta, Milazzo e in pochi altri porti) sono attrezzati solo per la raccolta di piccoli volumi.

Tratto dal Libro: "Traffico Petrolifero e Sostenibilità Ambientale".
Co-Autore Prof. Ugo Bilardo