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Le centrali nucleari. L'energia che scaturisce dal bombardamento dell'uranio con neutroni. Il processo di 'fissione/fusione nucleare'. Il problema della radioattività e delle scorie.

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Creato da Ernesto Pedrocchi « clicca sul nome per leggere il curriculum dell'autore

I problemi dell’energia nucleare - Ernesto Pedrocchi

In questi giorni si sente spesso riparlare di energia nucleare, coloro che la osteggiano si avvalgono prevalentemente dei seguenti argomenti.

1) il problema delle scorie radioattive non è risolto,

2) le RISERVE d’uranio, se si espandesse la richiesta, si esaurirebbero molto presto,

3) il costo dell’energia nucleare non è competitivo,

4) il pericolo della proliferazione di armi nucleari.

Ognuno di questi argomenti merita qualche sintetica precisazione, ovviamente nella letteratura specialistica si possono trovare informazioni complete.

1) Le scorie radioattive. Nei più comuni reattori nucleari le scorie sono in parte di gran lunga prevalente presenti nel combustibile esaurito, esso contiene all’incirca il 95% di elementi che non hanno subito trasformazioni e il 5% di elementi trasformati dalle reazioni nucleari che sono in parte radioattivi, alcuni decadono in poche decine d’anni, ma altri mantengono la loro radioattività per tempi lunghi.

Un reattore nucleare da 1000 MW produce all’incirca ogni anno 30 tonnellate di combustibile esaurito, con volumi variabili da 10 a 30 m3 a seconda della modalità di incapsulamento protettivo.
Questo può essere immagazzinato come tale (ciclo aperto) e in tal caso tutto il combustibile contiene gli elementi radioattivi e va conservato, previa opportuna incapsulatura altamente resistente, in modo che non venga mai in contatto con l’ambiente.

Queste scorie, che contengono tanto uranio, potrebbero essere interessanti per un recupero futuro.

In alternativa il combustibile esaurito può essere riciclato per il recupero di tutto ciò che può ancora essere utilizzato, in particolare URANIO e plutonio (ciclo chiuso); in questo caso il quantitativo delle scorie si riduce fortemente, ma esse devono essere opportunamente trattate prima del deposito, si arriva a circa 8 tonnellate di materiale vetrificato e poi incapsulato in strutture altamente resistenti, il volume può essere di circa 4 m3.

In tutta la vita di un impianto, alcune decine di anni, si producono rifiuti che, anche nel caso del ciclo aperto, occupano un volume dell’ordine di quello di un appartamento.

Per confronto, una centrale a carbone di pari potenza produce ogni anno circa 400.000 m3 di ceneri che, contenendo circa 3.000 m3 di metalli tossici, non dovrebbero essere disperse nell’ambiente.

Le scorie dei reattori nucleari, sia nel caso di ciclo aperto che in quello di ciclo chiuso, contenendo prodotti radioattivi a vita media molto lunga, seppure in piccola quantità, necessitano di un confinamento di tipo geologico che li separi con certezza per qualche migliaio di anni dalla biosfera.
 
Serve a tal uopo una struttura geologicamente stabile, la scelta è rivolta a strutture sotterranee, geologicamente stabili, impermeabili all’acqua, come miniere di salgemma abbandonate, rocce cristalline, graniti non fratturati, bacini argillosi che le analisi geologiche hanno mostrato essere stabili da milioni di anni.

E’ interessante sapere che nella storia della terra si sono verificati dei fenomeni naturali per cui in alcune zone con presenza di minerali di URANIO ed acqua si sono accese spontaneamente delle reazioni nucleari come quelle che avvengono negli attuali reattori; in particolare due miliardi di anni fa’ nella località Oklo in Gabon, una reazione a catena si è spontaneamente accesa in una zona con elevata concentrazione di URANIO e ha continuato a sostenersi per un lungo periodo di tempo, dando luogo a plutonio e altri elementi radioattivi come quelli che si producono ora nei reattori nucleari.

Malgrado la presenza in quella località di notevoli quantità di acqua, i prodotti radioattivi e non radioattivi di decadimento formatisi sono stati ritrovati concentrati nell’area senza che si fossero significativamente dispers.

Verso il ciclo chiuso sono orientati quasi tutti i Paesi europei, la Russia, il Giappone, l’India e la Cina ,verso il ciclo aperto sono per ora orientati gli Stati Uniti, il Canada, la Svezia, la Spagna e la Finlandia, ma la tendenza generale è ormai diretta verso il ciclo chiuso.

E’ evidente che, dati i tempi in gioco e il tipo di problema, non è possibile definire con dettaglio operazioni tecniche che avverranno dopo almeno mezzo secolo: una posizione di aspettativa è naturale, anche in previsione di soluzioni più avanzate che certamente verranno.

In particolare molto studiato è il processo di trasmutazione che consiste nel trattare gli elementi radioattivi a vita lunga dentro ad appositi reattori nucleari per trasformarli in elementi a vita più breve. Questo processo è molto studiato ed ha buone prospettive di successo. In tal caso il problema delle scorie radioattive praticamente si annullerebbe.

2) Le RISERVE di uranio. L’uranio è un elemento non abbondante sulla terra, ma a differenza del petrolio e del gas è presente un po’ ovunque.

Attualmente esso viene estratto purché ci sia nel minerale una concentrazione di URANIO superiore allo 0,5% che garantisce costi di estrazione competitivi (inferiori a 250$/kg).

Accettando costi di estrazione superiori a quelli attuali, le RISERVE aumentano significativamente, fino al limite di poter sfruttare le immense RISERVE contenute nelle acque del mare.

Si noti che la bassa incidenza del costo dell’uranio su quello complessivo dell’energia prodotta (non superiore al 10%) attenua l’effetto dell’eventuale aumento del suo costo, a differenza di quanto avviene per i combustibili fossili e in particolare per il GAS NATURALE che ha un incidenza del 70-80%.

Nella grandissima maggioranza degli attuali reattori nucleari l’uranio è poco sfruttato, ma già esistono dei prototipi di reattori attentamente studiati in cui l’uranio è molto meglio sfruttato: sono i reattori autofertilizzanti.

Anche l’elemento torio che è molto più abbondante dell’uranio ha la proprietà di produrre un nucleo artificiale di URANIO fissile. La maturità tecnico-economica  di questi processi di fertilizzazione, che non è un miraggio, risolverebbe definitivamente il problema della disponibilità del combustibile fissile, rendendo di fatto la fonte nucleare praticamente inesauribile.

3) Il costo dell’energia nucleare. L’aspetto peculiare della struttura dei costi dell’energia nucleare sta nella maggiore incidenza del costo di costruzione dell’impianto (tra il 50 e il 60%) rispetto a quanto avviene per l’energia prodotta con una centrale termoelettrica a gas (tra il 15 e il 20%).

Questa differenza è meno marcata rispetto alle centrali a carbone.

Ciò significa che un impianto nucleare sconta una grave incidenza del costo di capitale ed è quindi importante che possa funzionare alla sua potenza nominale con affidabilità e regolarità per un numero di ore annue elevato (indicativamente non meno di 7000 ore/anno). Questo caratterizza gli impianti nucleari come idonei a coprire il carico di base, ovvero il carico sempre richiesto dalla rete.

Negli anni ’90 la caduta dei prezzi dei prodotti petroliferi (si arrivò fino a 10$/BARILE) aveva messo in discussione la competitività economica dell’energia nucleare.

Attualmente con gli elevati prezzi del petrolio (ora siamo tra 90 e 100$/BARILE e non è probabile che diminuiscano significativamente), le centrali nucleari sono tornate ad essere fortemente competitive con quelle convenzionali soprattutto se a GAS NATURALE.

Due elementi giocano a sfavore della competitività economica dell'energia nucleare.

Il primo è la mancanza della certezza delle procedure autorizzative e di gestione: su questo potrebbero certamente puntare gli ambientalisti che vedono l’opportunità di far lievitare i costi a piacimento.

Il secondo elemento è legato al rischio finanziario che gli investitori sono disposti ad accettare.

Entrambi questi elementi sono a favore di un investimento con minor costo capitale e maggior costo di funzionamento, che è il caso tipico delle centrali a CICLO COMBINATO a GAS NATURALE, anche se il costo dell’energia prodotta risulta nettamente superiore.

Non è privo di significato il fatto che l'energia nucleare si stia ora sviluppando in paesi a mercato dell’energia elettrica vincolato o semivincolato e in mano a pochi grandi elettroproduttori.

I vecchi impianti nucleari, che sono stati rimodernati, possono garantire costi dell’energia prodotta molto bassi dell’ordine di 15-20 €/MWh.

La situazione è diversa se ci si riferisce a impianti di nuova costruzione, in tal caso il costo è dell’ordine di 35-45 €/MWh ed è molto sensibile al costo del denaro e al numero di centrali realizzate; i costi sono nettamente superiori al caso precedente, ma pur sempre molto inferiori a quelli che si hanno con il GAS NATURALE, dell’ordine di 70€/MWh e pure inferiori a quelli che si possono ottenere con il carbone, dell’ordine di 45€/MWh, entrambi questi valori non tengono conto di nessuna CARBON TAX (tutti i dati presentati possono essere verificati sulla letteratura tecnico-economica).

4) La proliferazione delle armi nucleari. Con questo termine s'intende la possibilità che aumentino i paesi dotati di armi nucleari.

Per impedirla i vincitori dell’ultima guerra, sotto l’egida degli Stati Uniti, si sono fatti promotori del Trattato di Non Proliferazione, entrato in vigore nel 1970 e rinnovato nel 1995, a cui aderiscono quasi tutti i paesi del mondo.

In base a questo trattato i paesi che rinunciano a dotarsi di armi nucleari, hanno in cambio libero accesso alle forniture per il nucleare civile da parte dei paesi dotati di armi nucleari.

Tuttavia, il problema è rimasto sul tappeto, perché non si arresta la corsa verso le applicazioni militari, anche da parte di alcuni paesi che avevano sottoscritto il Trattato.

La tecnologia per la realizzazione di armi nucleari non è strettamente legata a quella dei reattori per la produzione di energia, ma indubitabilmente le conoscenze di base hanno elementi in comune e il personale tecnico di un settore può traslare sull’altro.

Inoltre le attività sull’uso pacifico del nucleare possono essere utilizzate per nascondere il programma militare agli occhi degli osservatori internazionali. E’ questo, probabilmente, il problema più grave alla diffusione dell’energia nucleare.

 


Pubblicato sulla Rivista dell’ordine degli Ingegneri della provincia di Milano N° 38 Ottobre 2007