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"Il romanzo, fra arte e poesia"

Cocktail Party con l'autore
Martedì 20 luglio
ore 18.45

Rome Video Book Bar
Borgo Pio 192/193

                                                                                           

I quattro viandanti del tempo
Romanzo di Fulvio Bongiorno
Editore Portmann Communication
Lugano – Svizzera
  
Quarta di copertina

I personaggi principali di questo libro sono: Amir, Leonore, Irene, Teresina-Rosarina.
Amir è un giovane architetto che a un certo punto si rende conto di avere un sogno ricorrente. Gli succede di trovarsi in una casa posta in un luogo di collina dove incontra gente familiare e gente sconosciuta. La casualità con cui questa situazione si ripete gli da presto inquietudine. Decide allora di costruirsi la casa del suo sogno.
“Così”, pensa, “decido io quando e come entrare e uscire” …
Questo è lo scenario, su cui s’innesta il tema del libro: Succede che i sogni s’incontrano con le storie della vita? O le storie dei sogni si svolgono in uno spazio loro e in un altro tempo dove sono in sé stesse terminate e vere?
Inizia allora il cammino – reale? onirico? – dei quattro viandanti all’interno degli spazi del sé da ciascuno abitati …


Note alla lettura
Antonio d’Augenti, professore di Filosofia della scienza, Losanna

L’Autore ci presenta una nuova collezione di cammei generati dal libero gioco della fantasia con l’intelligenza.
I racconti formano un arcipelago mobile che lascia graffiti lungo il corso della reversibile corrente del tempo. Ci sono l’isola di Sara e il Professore, quella dell’acquaiolo, l’isola di Amir e Teresina-Rosarina, e altre ancora.
L’Autore, similmente a Ulisse, viaggia in quella che si può definire un’odissea nel tempo, lasciando dove passa dei refoli di esistenza, scaturiti dall’esigenza di dar vita a personaggi, a situazioni ed eventi di pura invenzione, generati delle sue emozioni, stati d’animo e intuizioni del momento. Al singolo refolo è attribuita però costantemente l’espressione di una razionalità orientata e al tempo stesso quella di un’emotività che non si lascia del tutto contenere e che dipende non solo dalla spiritualità, ma anche dal contesto e dall’istante che la genera.
Un modo per spiegare il procedimento può essere questo: l’Autore suddivide il tempo in tanti istanti e ne riempie ciascuno di valore originale, irripetibile, immenso e fa di ciascuno un elemento fondamentale e unico, dove il desiderio di vita gioca con la disperazione della vita.
L’Autore così ci prende nella lettura offrendo in ogni momento una motivazione di curiosità e di stupore. Nella sequenza degli eventi, ogni cosa è lì, ma non si sa come la situazione evolva. Ogni volta che si abbandona un contesto è come se venga fatta la promessa di ritornare comunque, magari con un’altra prospettiva, con un’altra forma, a riprendere il discorso con il lettore, ma soprattutto con se stesso.
I racconti si avvicendano, secondo la realtà del nostro tempo, sempre aperti su nuovi scenari, nuove possibilità, nuove intuizioni tra delusioni e certezze che possono svanire o nascere ciascuna in un attimo. E ogni situazione si fa materiale: si cristallizza in un grumo, come un granello di sabbia che ne conserva la visione e la memoria. E i granelli si moltiplicano in continuazione e la loro moltitudine viene riproposta in maniera articolata e mutevole, fisicamente come la sabbia di un deserto che l’Autore riesce a dipingere come realtà magica e animata.
Questi deserti, come quelli dei Vasi di Pandora, lontani dal configurarsi come immense distese inanimate e prive di vita, offrono scenari stupendi, come il deserto dipinto dei Navahos e altri del Sud-ovest americano. Questi sono luoghi dove si raccoglie l’essenza e la ricchezza della vita dei viandanti che li abitano: nativi che vivono la loro quotidiana e dignitosa povertà senza possedere nulla, ma al tempo stesso senza avere bisogno di niente.
Questo a me pare un elemento estremamente importante per poter concretizzare quello che è l’obbiettivo dell’Autore già dal primo libro, Vasi di Pandora, cioè quello di elaborare nuove forme di scrittura, di narrazione e di comunicazione, che possano anche creare i presupposti di nuove forme di pensiero, non solo regolate sulla sincronia, sulla coerenza e sull’aspetto causale delle passioni umane dei racconti tradizionali, o perlomeno di quelli detti classici.
Queste considerazioni fanno capire il perché l’Autore a volte, a partire da personaggi che possono sembrare marginali, una sorta di periferia del pensiero, offre invece bellissime perle di raffinatezza e di bellezza, perché fa di essi i veri portatori dei valori umani. Essi diventano spesso il centro, la parte più nobile e quello che maggiormente dovrebbe essere ammirato, non in se stesso, ma per lo meno per quell’aspetto che determina non la cultura, il pensiero, ma soprattutto la civiltà: una civiltà orientata e finalizzata con una cultura educata e non addestrata. Perché una cultura senza civiltà non ha senso, mentre la sola civiltà può sempre produrre una cultura. E allora personaggi come l’acquaiolo o i ragazzi sotto al balcone di Teresina possono anche sembrare marginali, e invece, come Gawroche dei Miserabili, o Rosso Malpelo di Verga, o Ciaula scopre la luna di Pirandello, o Useppe della Morante, sono loro i veri eroi della vita, cioè quelli che sono nella storia senza fare la storia.
Mi pare importante sottolineare che questa è la cifra distintiva dell’Autore. Bongiorno non cerca facili successi con racconti magari emotivamente accattivanti, ma con un epilogo scontato; egli viceversa si propone sempre racconti modulari e modulabili dove c’è fantasia, intelligenza e molta problematicità; dove non c’è mai la sicurezza se si sia in un sogno o in un incubo, tra frammenti di magica irrealtà o di drammatica esistenza. Questo costituisce proprio la bellezza della narrazione, della collezione dei cammei, di cui si è parlato all’inizio: cioè la certezza di scoprire ad ogni passo, ad ogni riga, una nuova forma, una nuova apertura verso orizzonti che possono portare al crepuscolo o all’alba, a seconda di come noi stessi ci siamo predisposti mentalmente nell’orizzonte esistenziale. Se siamo cioè per la dissolvenza positiva orientata a creare nuove cose o per quella negativa finalizzata alla mera distruzione.
Il lettore diventa parte integrante del romanzo, il quinto viandante del tempo, il protagonista dei singoli racconti che l’Autore ha scritto per lui. La nostra speranza è che i quattro viandanti del tempo diventino sempre più numerosi, poiché chi abita il tempo si prende cura della vita e la rende migliore.

 

20/07/2010

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