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Sorcinelli, P., Storia sociale dell'acqua. Riti e culture, Bruno Mondadori, 1998


L'acqua, elemento primario della vita, entrando in contatto con l'uomo assume mille facce e si impregna di mille significati. Diventa lo specchio delle paure e delle speranze, della ricchezza, della salute e delle malattie, del divertimento e del dolore degli essere umani.

Ricostruendo questo rapporto millenario (attraverso fonti documentarie spesso marginali, opere letterarie, quadri e illustrazioni), Sorcinelli ripercorre la storia del rapporto tra uomo e l'acqua: una griglia di lettura originale, tramite la quale attraversare la storia sociale, della nostra cultura e della nostra mentalità.

INDICE 
 
1. Le stagioni dell’acqua
2. Draghi, ninfe e madonne
3. L’acqua: pregiudizi e seduzioni
4. L’acqua, magica e misteriosa
5. Pidocchi, pulci ed escrementi, compagni di vita
6. Dallo stupore ai “giornalieri lavacri”
7. L’acqua fa male
8. L’ossessione dei pori e la pulizia asciutta
9. L’acqua e i pericoli morali
10. L’acqua e il mondo dei minimi
11. L’acqua negli acquedotti
12. L’acqua per mantenersi in salute
13. Il “verbo” igienico
14. Le paure del mare
15. La fiducia nel mare
16. Il mare come moda

Tavole
 

1. Le stagioni dell'acqua

Con efficace sintesi lo storico Jean-Pierre Goubert, specialista in storia della salute, ha dedicato una lunga monografia (La conquéte de l'eau) alle implicazioni sociali e sanitarie dell'acqua negli ultimi secoli. Goubert ha anche evidenziato l'impatto dell'elemento-acqua sull'immaginario collettivo e sulla cultura dei popoli occidentali, soffermandosi sulle numerose valenze che l'acqua assume nel corso del tempo e che interessano, in maniera privilegiata, il corpo umano.

Dall'età cosmologica, in cui guaritori e maghi celebrano il culto delle fontane magiche e sacre, all'età della cristianità, in cui l'acqua battesimale monda il corpo dai peccati, ma in cui l'acqua, che lava i corpi, assume anche una riprovevole connotazione erotica e sessuale, fino a una terza fase, culminante nel XIX e XX secolo, in cui l'acqua diventa appannaggio dei sapienti, si laicizza nel sapere di geologi, ingegneri, chimici, fisici, medici, che ne studiano la composizione, il contenuto di gas e le proprietà curative.

Da Antonio Cocchi, che nel trattato Dei bagni di Pisa del 1750 si sofferma sul colore, il calore, il peso specifico dell'acqua; ad Alessandro Bicchierai che nel 1788 pubblica l'opera Dei bagni di Montecatini, sugli effetti e le proprietà mediche di quelle acque minerali; a William Brownrigg, Henry Cavendish, Joseph Prestley con Directions for Impregnating Water with Fixed Air, del 1772, a Sir John Pringle e Hilaire-Marin Rouelle del celebre mémoire intitolato Observations sur l'air fixe et sur ses effets dans certaines eaux minerales, fino agli Opuscoli fisici e chimici di Lavoisier, del 1774.

Hervé Maneglier in una Storia dell'acqua ha descritto, dal canto suo, i rapporti che l'uomo ha intrattenuto con l'acqua, individuando, secondo la sua definizione, quattro ere: primaria, quella delle acque lustrali; secondaria, quella dell'addomesticamento delle acque per l'irrigazione agricola; terziaria, quella in cui «i pozzi individuali ebbero la meglio sugli acquedotti collettivi»; quaternaria, nata alla fine del XIX secolo, «con la scoperta del comfort e la nozione di potabilità, derivata dal lavoro di Pasteur». Usando volutamente il "termine geologico" di ere, Maneglier intende sottolineare come, «pur succedendosi nel tempo e accatastandosi le une sulle altre, le successive ere non si sono reciprocamente annullate. Le diverse stratificazioni hanno lasciato ognuna le proprie tracce».

Anche se fin dall'età medievale l'acqua è stata usata per la lavorazione della seta, della carta e delle pelli e ha mosso le pale e le macine dei mulini (gli impianti molitori di tipo idraulico sono originari in area franca attorno al Mille e, quindi, importati in Italia settentrionale e centrale da parte dei monaci cistercensi, tanto che le chiuse bolognesi del Reno e del Savena risalgono al XII secolo), solo negli ultimi duecento anni, con l'avvento delle lavorazioni industriali, del vapore, dell'elettricità e del concetto di igiene, essa ha conquistato il mondo e dal mondo è stata conquistata. Beninteso in termini attuali, se anche gli statuti trecenteschi di Rimini, prevedendo il taglio della mano destra per chi danneggiava i condotti dell'acqua, in fatto di conquista e di difesa non scherzavano. Come non si scherzava nei confronti dei presunti untori delle acque durante i secoli della peste; così avviene ai lebbrosi, che all'inizio del XIV secolo in Aquitania sono accusati di aver avvelenato i pozzi della regione e condannati al rogo; e così avviene agli ebrei in Provenza, Linguadoca, Delfinato, Savoia e Alsazia, nel 1348.

Certo egizi e sumeri sapevano benissimo come incanalare a fini irrigui l'acqua del Nilo, dell'Eufrate e del Tigri; altrettanto esperti si dimostrarono i romani nella costruzione degli acquedotti e lungimiranti le loro teorie per rifornire le città, come dimostra un testo di Sesto Giulio Frontino, De aquaeductu urbis Romae. Eppure di acquedotti (quelli romani dureranno nel tempo con straordinaria efficacia) si riparlerà in maniera organica soltanto nel XIX secolo e, molto spesso, recuperando condotti e manufatti ideati o costruiti proprio sotto la dominazione romana.

8. L'ossessione dei pori e la pulizia asciutta

Del resto anche la medicina, per lunghi secoli impregnata di idee tratte dalla fisica aristotelica, dall'igiene ippocratica e dai principi medici di Galeno, attribuiva all'umidità e alla freschezza dell'acqua una valenza negativa se usata come bevanda e, se usata per le abluzioni corporali, il potere di «relácher la cohésion des parties» e dunque di aprire la strada alle infezioni dall'esterno attraverso i pori dilatati della pelle. L'acqua, scrive Leonardo, «penetra tutti li porosi corpi». Così, dal XVI secolo in poi (quando la peste è un accidente ciclico che provoca vere e proprie ondate di panico in cui incorrono tutte le generazioni), il timore che i pori della pelle possano aprirsi in seguito a un bagno caldo diventa quasi una ossessione. E non soltanto per la peste, che nel 1546 Girolamo Fracastoro attribuirà a minuscole particelle viventi (seminaria) in grado di riprodursi da una persona all'altra, ma anche per altre forme di contagio i cui timori si propagano nel XVI e nel XVII secolo. Se infatti l'acqua e il vapore riscaldano il corpo, ne dilatano i pori e ne «indeboliscono la natura», nulla vieta di immaginare che possano anche diffondere le malattie sifilitiche e che favoriscano, addirittura, gravidanze senza la penetrazione. Infatti c'era chi sosteneva che «una donna può rimanere incinta immergendosi nei bagni nei quali sono rimasti per qualche tempo degli uomini», grazie allo sperma vagante fra i tepori dell'acqua.

Più in generale il bagno debilita e quindi espone al rischio di ogni genere di malattie. Chi vuole rischiare lo fa a suo danno e pericolo, ma i temerari sono veramente pochi e a scanso di equivoci cercano di limitare i danni con alcune precauzioni. Per esempio, dopo le abluzioni totali, almeno per due o tre giorni, non escono di casa per non esporsi all'aria malsana; osservano un assoluto riposo per permettere all'organismo di riprendersi dall'indebolimento, oppure fanno precedere i bagni da purghe e salassi.

Si ringrazia la Pearson Italia Spa e l'autore per aver autorizzato la pubblicazione.

 

 

 

31/01/2012

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