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Clima e cambiamenti climatici - Francesco Asdrubali -

È a tutti noto come il pianeta che oggi appare ai nostri occhi con i suoi continenti, i suoi mari e la sua atmosfera, abbia subito nel corso di milioni di anni profonde trasformazioni e che alcune di queste trasformazioni, anche se in misura ridotta, sono tuttora in corso, come ad esempio la deriva dei continenti.

In particolare negli ultimi milioni di anni le grandi oscillazioni nella temperatura sono state provocate in prevalenza dalla variazione dell’energia solare che raggiunge la Terra e ciò a causa delle periodiche variazioni di posizione del nostro pianeta rispetto al Sole (variazione orbitale).

I meteorologi ci dicono che i cinque “periodi caldi” precedenti a quello attuale sono stati provocati dalla massima vicinanza al Sole dell’orbita ellittica terrestre, dalla minima inclinazione dell’asse terrestre rispetto ai raggi solari, al “dondolio” dell’asse stesso (moto di nutazione).

Analogamente le quattro grandi “glaciazioni” dell’ultimo milione di anni si sono verificate quando i movimenti terrestri citati hanno fatto assumere alla Terra la posizione inclinata più sfavorevole rispetto al Sole.

Tali oscillazioni di temperatura, stimate tra i 3-4 °C, hanno richiesto in ogni caso tempi dell’ordine di 50.000-100.000 anni.

Negli ultimi 200 anni circa si è avuto invece un riscaldamento di quasi 1 °C; tale riscaldamento sembra poter aumentare per raggiungere 2,5 o più gradi alla fine del 2100, in concomitanza con lo sviluppo dell’era industriale e del conseguente uso di combustibili fossili.

Appare logico collegare i due fenomeni e indicare nell’attività antropogenica la causa dell’odierno aumento di temperatura (EFFETTO SERRA), che a molti scienziati sembra gravemente anomalo rispetto ai cicli naturali, anche se si levano voci molto critiche su questa impostazione.

L’EFFETTO SERRA è un fenomeno naturale e di per sé stesso utile, che consente al nostro pianeta il mantenimento di una temperatura capace di garantire la vita sulla superficie terrestre. L’energia che la terra riceve dal sole durante il giorno, opportunamente assorbita e filtrata dall’atmosfera che la circonda, giunge sulla superficie terrestre e la riscalda.

Nelle ore notturne la terra tende a reirraggiare (il termine vuol comprendere in modo improprio anche i fenomeni convettivi) verso l’universo più freddo parte dell’energia ricevuta.

Se questo reirraggiamento non fosse contrastato da una serie di gas come il vapore acqueo, l’ANIDRIDE CARBONICA, il METANO, l’OZONO che circondano il nostro pianeta come una coltre, un “vetro” protettivo, che rinvia verso la terra parte dell’energia, ci sarebbe il grave pericolo di raffreddamento, che potrebbe raggiungere valori di temperatura di parecchi gradi inferiori a quelli attuali.

Ora però l’EFFETTO SERRA starebbe diventando troppo pesante per la produzione antropogenica di “gas climalteranti” (GHG), tra i quali appunto la CO2, da attribuire alla combustione di prodotti fossili e il METANO dovuto a motivi geologici, ai trattamenti agricoli e in buona parte alla zootecnia.

Per quanto riguarda il METANO (CH4), alcuni scienziati lamentano anzi che il suo contributo risulti sottovalutato nel rapporto preliminare dell’IPCC. L’incremento di emissione dei cosiddetti GAS SERRA spiegherebbe l’aumento anomalo di temperatura, aumento che se continuato in maniera decisa e non controllata, potrebbe portare al declino della criosfera, cioè allo scioglimento dei ghiacciai polari ed alpini, all’aumento della temperatura dei mari (con effetti anche sulla fauna ittica), all’aumento del loro livello e alla modifica temporale di tutti quegli eventi atmosferici che dipendono sempre dai cicli termici come uragani, alluvioni, temporali. Tutto ciò con conseguenti problemi di abitabilità delle coste, di desertificazione di vaste aree, di dissesti idrogeologici e di danni all’agricoltura.La domanda che l’opinione pubblica si pone oggi è quindi: è possibile che l’intervento dell’uomo possa provocare danni tanto gravi?

Gli ultimi studi ed in particolare il draft della Prima parte del Rapporto di Valutazione dei Cambiamenti Climatici, comunicato a Parigi dal IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel febbraio del 2007, anche se non ancora in stesura definitiva, danno in pratica una risposta positiva a tale domanda.

Nella recente Conferenza di Bruxelles tenutasi nel mese di aprile del 2007, con la partecipazione di 124 delegazioni provenienti da tutto il mondo, sia pure con grandi discussioni, è stato approvato il draft originario.

Tra i firmatari figurano anche USA e Cina, a riprova che l’opinione pubblica mondiale è in ogni caso “trasversalmente” preoccupata per il futuro del pianeta, anche se recentemente le posizioni dei due grandi Paesi non sembrano avallare completamente i provvedimenti e le tempistiche previsti da altri Paesi per affrontare il problema.Nel XX secolo - dice l’IPCC - la temperatura è cresciuta di 0,6 °C, ma se l’uomo non diminuirà in modo drastico l’emissione di CO2 (dovremmo dire “CO2 equivalente”, per tener conto di altri componenti come METANO, fluorocarburi ecc.) il pianeta andrà incontro già nel secolo attuale ad uno scenario catastrofico a causa di un aumento considerevole della temperatura (1,5-2,8 °C o più), con aumento del livello dei mari tra i 28-43 cm e la riduzione dei ghiacci polari.Infatti, il rapporto preliminare IPCC presentato a Parigi nel draft del I Gruppo di lavoro conclude che: “La maggior parte dell’aumento globale di temperatura, osservato sin dalla metà del XX secolo è molto probabilmente dovuto all’incremento della concentrazione di GAS SERRA provocato dall’attività umana”. In altro posto si legge ancora: “Despite remaining uncertainties”.

Il “molto probabilmente” sta a significare “al 90%”.

Nicholas Stern, consulente economico del Primo Ministro inglese Tony Blair, in un suo ormai divenuto famoso rapporto pubblicato nel 2006 (the Stern Review on the Economics of Climate Change), arriva a dire: “le nostre azioni, ora e nei prossimi decenni potrebbero creare rischi di disturbo alle attività economiche e sociali, comparabili a quelle associate alla grande guerra e alla crisi economica che si verificò nella prima metà del XX secolo”. Le parole sono pesanti e tra l’altro il Climate Change Group (CGC), costituito nel 2002 dal Presidente Bush per un programma di ricerca sul clima, e del quale fanno parte ben 13 Amministrazioni Statunitensi (tra le quali la Smithsonian Institution, il Meterological Institute ecc.) in un recente comunicato ha rivendicato il loro ruolo primario nel compilare il rapporto del I gruppo di lavoro dell’IPCC, che è proprio il rapporto più deciso nell’attribuire i cambiamenti climatici all’apporto antropogenico.Questo intervento, fino a poco tempo fa impensabile, al di là delle valutazioni sui contenuti, rende finalmente credibile che per il dopo Kyoto (2012) sia veramente realizzabile una politica energetica globale, foriera di interventi decisivi e producenti.Politica che dovrebbe finalmente segnare la definitiva collaborazione tra i paesi che hanno ratificato il PROTOCOLLO DI KYOTO sulla diminuzione di CO2, e tutti i Paesi che pur facendo parte dell’UNFCCC(United Nation Framework Convention on Climate Change) non hanno ritenuto di ratificare i limiti di emissione di tale gas fissati nel 1997, appunto a Kyoto. Interessante, a questo proposito, la svolta morbida di Bush che, nelle riunioni del G-8 svoltesi nei primi di giugno di quest’anno in Germania, dopo avere finalmente aderito all’idea di un contributo antropogenico non trascurabile al riscaldamento del pianeta, ha accettato un compromesso che, pur non fissando limiti precisi alle emissioni, fa riferimento al rapporto ONU sul clima,nel quale come è noto è previsto un obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 del 50% entro il 2050.

Si ricorda però che tra i Paesi che non hanno firmato Kyoto, a parte Stati Uniti ed Australia, sono compresi Cina ed India, i quali, secondo proiezioni attendibili, tra vent’anni emetteranno GAS SERRA in quantità pari a quelle di Stati Uniti ed Europa messi insieme.

È un problema che non può essere trascurato se si vogliono raggiungere veri accordi operativi per il dopo Kyoto.

Per completezza di informazione va ripetuto che non tutti gli scienziati concordano con il draft del rapporto IPCC, e vengono classificati come gli “scettici”, in confronto ai cosiddetti “catastrofisti”.

Tra gli “scettici”, qualcuno, come Richard Lindzen ordinario di Meteorologia presso il MIT, critica assai severamente il rapporto Stern, dicendo, in un articolo pubblicato nel Daily Mail l’8 marzo 2007:

“In ogni capitolo del suo rapporto è evidente la mancanza di scientificità. Egli (Stern) altera i dati o distorce l’evidenza per privilegiare tesi politiche, promuovendo allarmismo, al posto di una discussione razionale, e reinventando la storia del clima”.

A quest’ultimo proposito Lindzen critica Stern per aver affermato che le temperature globali recentemente registrate non hanno precedenti negli ultimi mille anni di storia. Lindzen obietta che “nella migliore delle ipotesi abbiamo misure dettagliate di temperatura, solo per gli ultimi 50 anni”.

Lindzen insiste poi che non si possono trascurare altre mille cause di incidenza (forcing), e tra queste sottolinea il peso del vapor acqueo (anch’esso da considerarsi GAS SERRA), l’effetto compensante dei cirri d’alta quota, l’andamento delle radiazioni solari, l’incremento in atmosfera di aerosol dovuti ad effetti vulcanici.

Conclude Lindzen:

“Ormai ci stiamo allontanando dalla scienza per entrare nel fanatismo religioso” e ancora “Stern si serve di una scienza fasulla per perseguire i propri scopi”.

E per svelenire la virulenza delle osservazioni, un attacco divertente; dice Lindzen “e poi guardate ci sono oggi 22.000 orsi bianchi rispetto ai 5.000 del 1940”.

Sono parole molto forti e ciò che sconcerta è che il parere di uno scienziato tanto illustre sia in netto contrasto con le conclusioni del IV rapporto IPCC, che coincidono invece in molti punti con la tesi di Stern.

Tra i “catastrofisti” il Nobel per la chimica Paul Crutzen, che ha scritto per una grande casa editrice italiana un libro sull’uomo che ha cambiato il clima, titolato polemicamente: “Benvenuti nell’Antropocene”.Tra gli “scettici”, 120 scienziati (provenienti da 11 Paesi) riunitisi in un Convegno al Royal Institute of Technology di Stoccolma, che hanno sollevato seri dubbi sui modelli impiegati nella teoria IPCC del riscaldamento globale.

E ancora Lomborg, Svensmark, che senza giungere alla critica eccessiva di Lindzen, danno un particolare valore alle variazioni di temperatura dovute alle variazioni di flusso dei raggi cosmici (che influenzano il formarsi delle nubi), che sottolineano l’interdipendenza tra vento solare e campo elettromagnetico terrestre, o che ritengono, per esempio, che l’attività ciclonica risponda a suoi cicli decennali, e infine, che non è chiaro nemmeno il meccanismo tra le nubi a varie quote e tra queste e la terra, né il vero valore dell’assorbimento di ANIDRIDE CARBONICA da parte dei cosiddetti “pozzi di CARBONIO”, che poi sarebbero gli oceani e le foreste ecc. (anche se non è male ricordare che ogni anno si perdono circa 13 milioni di ettari di foreste).

Molti scienziati italiani, va detto, sono su queste posizioni.

da G. Moncada Lo Giudice, F. Asdrubali, F. Rossi: "Energia e cambiamenti
climatici. La sfida del XXI secolo",  La Termotecnica, ottobre-novembre 2007