Le fonti d’acqua alternative
L’acqua di superficie rappresenta in alcuni casi una soluzione, compatibilmente alla diffusa contaminazione biologica e chimica.
Spesso, infatti, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, per rendere quest’acqua potabile sarebbe d’obbligo ricorrere a processi di trattamento e disinfezione, ma quasi sempre le condizioni economiche non lo permettono.
L’acqua piovana è solitamente una fonte d’acqua molto più pulita e può fornire una soluzione semplice e a basso costo.
Il problema, tuttavia, è la capacità di STOCCAGGIO limitata nelle comunità e nelle famiglie.
I grandi serbatoi di immagazzinamento sono necessari in quanto molti di questi Paesi, trovandosi in regioni tropicali o subtropicali, sono caratterizzati da regimi pluviometrici estremamente irregolari.
Acque sotterranee a bassi tenori in fluoro talvolta si possono trovare anche in aree in genere caratterizzate da elevata contaminazione.
Studi idrogeologici specifici, preventivi allo scavo di pozzi, sarebbero d’obbligo, dato il quadro di eterogeneità in cui si diffonde il fluoro negli acquiferi delle aree vulcaniche.
Ciclo geochimico semplificato del fluoro in aree semi-aride
La defluorizzazione delle acque
Esistono numerosi metodi per rimuovere il fluoro dalle acque.
Tra i più conosciuti ritroviamo:
La variante sostenibile a questo secondo metodo prevede l’utilizzo di ossa animali.
Si polverizzano le ossa portandole alla temperatura di 500° C per eliminare ogni traccia organica e per meglio attivare i processi di assorbimento, dopodiché si fa lentamente filtrare l’acqua.
Il fluoro viene fermato dal calcio contenuto nelle ossa formando fluorite (CaF2) e nell’acqua si riduce drasticamente il contenuto in quest’elemento, mantenendo pressoché inalterata la concentrazione degli altri elementi.
È un metodo artigianale e facilmente realizzabile a gestione familiare, e per questo estremamente compatibile nei molti Paesi in via di sviluppo bisognosi presto di efficaci misure per contrastare questa grave malattia.
Il metodo sta pian piano prendendo piede in alcune aree del rift Est-africano (Etiopia, Kenya e Tanzania), ma ha ancora bisogno di molte attenzioni, nella speranza che qualche Organizzazione Internazionale abbia voglia di investire sulla sua diffusione.
Tratto dalla rivista INQUINAMENTO, Marzo 2006