Senza un massiccio controllo, risulterebbev eramente rischioso l’utilizzo in agricoltura degli ammendanti organici derivanti dai reflui o dalle frazioni organiche dei RIFIUTI SOLIDI URBANI.
Diluire gli inquinanti è infatti una pratica storica cara al nostro Paese. Tuttavia, se il sistema potesse dimostrare la sua effettiva sicurezza, tale prassi porterebbe alla riconferma, come in altri Paesi, della sua ecosostenibilità.
Ma, come afferma Nicola Senesi, docente di Chimica Agraria e Presidente della Siss (Società Italiana della Scienza del Suolo), bisognerebbe partire dal compostaggio, processo semplice seppur non presente in Puglia come attività pubblica, al fine di colmare gradualmente il deficit organico dei suoli della Regione. L’energia foto-sintetica che la pianta ha sintetizzato deve essere riciclata.
Di recente pubblicazione sono i risultati dello studio condotto in collaborazione con il gruppo spagnolo riferito a César Plaza, che illustrano le molteplici azioni benefiche della sostanza organica contenuta nei suoli in fatto di protezione dalla degradazione fisica, chimica e biologica.
Il collega Gennaro Brunetti racconta di come gli studi in tale ambito siano finalizzati a colmare le lacune della legge 99 del ’92, che definisce le diverse tipologie di fanghi in funzione della tipologia di suolo, con particolare attenzione ai contenuti in metalli pesanti.
A livello nazionale mancano ancora delle chiare specifiche per gli inquinanti organici (solo alcune Regioni sono già intervenute a complemento).
Per quel che concerne invece i reflui, non esiste ancora una legge. L’esempio della Murgia, seguito dallo stesso Brunetti, è emblematico per spiegare l’interazione fra l’importanza della sostanza organica e l’INQUINAMENTO da cromo esavalente: i 400 ettari ammendati con compost contaminato da cromo trivalente derivante da residui di conceria rimangono ora innocui grazie alla presenza di sostanza organica nel suolo che induce un basso grado di ossidazione, impedendo al cromo di ossidarsi nella pericolosa forma esavalente.
Perdite fisiche
L’importanza di conservare il suolo ritorna nelle variazioni climatiche a livello locale, dove si manifesta una significativa perdita per erosione idrica, talvolta associata a fenomeni franosi, causata dalla tropicalizzazione delle precipitazioni.
Spesso infatti l’aumento di piovosità non si traduce tanto in un aumento della ricarica delle falde idriche, quanto più in un aumento del trasporto solido legato alla maggiore intensità degli stessi eventi piovosi.
Il team multidisciplinare facente capo a Francesco Gentile, costituito da forestali, biologi, geologi ed ingegneri idraulici, si pone come obiettivo la conoscenza delle migliori pratiche di gestione integrata dei bacini idrografici.
Si utilizzano dispositivi acustici ed ottici per il monitoraggio del trasporto solido attraverso la stazione sperimentale di misura ubicata sul torrente Carapelle (FG). Gli strumenti ottici sfruttano la capacità di un fascio di luce diffuso nel mezzo acquoso di essere in parte assorbito ed in parte deviato dalle particelle solide presenti.
La misura della torbidità e/o della concentrazione dei solidi sospesi avviene confrontando l'intensità del raggio luminoso diffuso nel campione con quello diffuso attraverso uno standard di riferimento alle medesime condizioni del campione (standard di formazina).
La stazione di misura è attrezzata con una sonda ottica ad infrarossi, scelta tenendo conto della sensibilità alle dimensioni dominanti delle particelle che caratterizzano il materiale del corso d’acqua.
Il raggio luminoso emesso dalla sorgente LED investe le particelle e viene diffuso e rilevato da due fotorilevatori, con un intervallo di misura compreso rispettivamente fra 0-4000 Ntu e 0-150 g/l.
Con il sistema in sperimentazione la stima del budget di sedimento è disponibile a diverse scale temporali (anche ad evento) e può essere utilizzata sia per conoscere l’effettivo trasporto solido nei corsi d’acqua sia per ottenere dati più affidabili per l’implementazione di modellistiche idrologiche ed erosive.
In particolare, i dati misurati in continuo dal sensore permetteranno di applicare al bacino del torrente opportuni modelli per la stima dell'erosione.
Ciò darà modo di disporre di uno strumento particolarmente utile in sede di previsione degli apporti solidi a scala di bacino, con conseguenze importanti in termini di pianificazione degli interventi di mitigazione dell'erosione a scala di versante.
L’altra principale attività del gruppo riguarda l’impiego della vegetazione come metodo di intervento a difesa del suolo. Già nei primi testi di fine Ottocento erano presenti raccomandazioni verso l’uso di quei materiali naturali ed economici (legname, pietrame, terra) che ora vengono ripresi in chiave più ecologica.
Il ruolo delle fitocenosi erbacee ed arbustivo-arboree nel consolidamento dei terreni acclivi è peraltro conosciuto fin dai tempi antichissimi.
Il gruppo ha recentemente analizzato le caratteristiche biotecniche degli apparati radicali di tre specie scelte fra quelle tipiche degli ambienti semi-aridi del bacino del Mediterraneo (Lygeum spartum L., monocotiledone erbacea perenne, Atriplex halimus L. e Pistacia lentiscus L., dicotiledoni arbustive).
I risultati scaturiti dai test e le misure rilevate in laboratorio hanno consentito di calcolare il contributo di resistenza agli sforzi di taglio offerto dalle piante in esame al terreno.